Premessa:
Sovente gli istituti di credito, a causa della sopravvenuta mancanza di fiducia nella solvibilità delle aziende correntiste, revocano integralmente o parzialmente gli affidamenti concessi e chiedono l’immediata restituzione delle somme risultanti dal saldo debitorio del conto corrente affidato (provocando il blocco del conto corrente), prospettando al cliente, nell’ ipotesi di omesso versamento delle somme risultanti a debito:
- il passaggio a sofferenza della posizione,
- la segnalazione alla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia,
- la richiesta di decreti ingiuntivi,
- l’inizio di azioni esecutive mobiliari o immobiliari che, nell’ ipotesi in cui restino infruttuose (pignoramento negativo), aprono la strada a possibili
- istanze di fallimento e procedure concorsuali.
Cosa succede dopo la mancanza di fiducia nella solvibilità delle aziende correntiste?
L’ imprenditore, che si vede recapitare una lettera siffatta, si reca immediatamente dal direttore della filiale che, come prima soluzione, frequentemente propone al correntista di sottoscrivere un piano di rientro fido con pagamenti frazionati e, possibilmente, garantiti da cambiali, fideiussioni o ipoteche volontarie.
L’ imprenditore, al fine di scongiurare il rischio di fallimento e salvare l’azienda, è disposto ad accettare qualsiasi piano di rientro (quindi a riconoscere il debito) anche se consapevole del fatto che difficilmente potrà rispettare le scadenze convenute.
Per l’imprenditore ciò potrebbe comportare l’inizio della fine della propria azienda perché sottoscrivendo il piano di rientro predisposto dalla banca riconosce il debito ed esonera la banca dall’ onere di provare il rapporto fondamentale da cui scaturisce il proprio credito.
Ciò significa che, nell’ ipotesi in cui il cliente ritardi il pagamento di una rata, la banca potrà ottenere un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo ed iscrivere ipoteca giudiziale mentre il correntista non potrà, nemmeno in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, contestare il saldo del conto corrente perché ha già dichiarato, riconoscendo il debito, di essere debitore di quell’importo, precludendo al Giudice ogni ulteriore indagine.
Piano di rientro: caratteristiche
Un piano di rientro bancario deve rispondere a precise caratteristiche sancite dal Codice Civile e dalla Banca d’Italia
Innanzitutto il cliente ha il diritto di avere per iscritto le condizioni economiche applicate, per verificare che siano ottemperanti a quelle previste dalla legge.
Un’intimazione di pagamento che impone ad un’azienda di rientrare dell’affidato entro 1-15 giorni è legittima nella forma solo se a questa lettera viene seguita una pattuizione tra il cliente e la banca per pagare il debito in modo sostenibile; in caso contrario è possibile fare ricorso alle autorità perché è ovvio che queste vessazioni porterebbero ad una effettiva compromissione dell’apparato aziendale, con un danno patrimoniale ingente, che è vietato per legge e punibile con il risarcimento che la banca è tenuta a pagare.
Oltre a questo i tassi da applicare ai piani di rientro con riconoscimento del debito sono calmierati dall’Ufficio di Vigilanza della Banca d’Italia: trattandosi di un taglio di un credito, gli interessi sono assolutamente più bassi rispetto a quelli utilizzati negli affidi. Il piano deve essere strutturato in modo tale da essere sostenibile e non è possibile chiedere garanzie reali.
Rimedi
Se l’imprenditore/cliente si è trovato costretto a sottoscrivere un piano di rientro nel quale è contenuto un riconoscimento di debito (cioè, il correntista conferma che il saldo debitore del conto corrente corrisponde a quello indicato dalla banca) non può ritenersi privo di tutela.
Infatti, “la ricognizione di debito, anche se titolata, non costituisce un’autonoma fonte di obbligazione ma ha il solo effetto di sollevare il promissario dall’onere di provare l’esistenza del rapporto fondamentale, che si presume fino a prova contraria e deve essere – oltre che esistente – valido” (cfr. ex multis, Corte di Cassazione sentenza n. 13776/14).
Si può, quindi, fornire tutela del correntista bancario che abbia sottoscritto un piano di rientro/riconoscimento di debito provando che il rapporto sottostante (cioè il conto corrente) non è valido in quanto il relativo contratto risulta nullo (o parzialmente nullo).
La nullità contrattuale, in ragione della sua assolutezza e per la preminenza degli interessi tutelati dalla stessa, non può in alcun modo essere rimessa alla libera disponibilità delle parti.
Così come il legislatore, ai sensi dell’art. 1423 c.c., non ammette alcuna forma di convalida del contratto nullo, altresì, nemmeno un accordo fra le parti è idoneo a scalfire la rilevabilità e quindi l’incidenza giuridica della nullità stessa.
L’inammissibilità della convalida del contratto nullo ex art. 1423 c.c. preclude la possibilità di dare rilevanza alla rinuncia unilaterale del contraente, impedendo, quindi, che ciò che è nato nullo possa essere reso valido.
Ed, infatti, la Corte di Cassazione con sentenza 26168/2018 afferma che: “non può ammettersi una rinuncia a far valere la nullità negoziale, in quanto l’effetto invalidante assoluto deriva direttamente dalla legge e non è disponibile dai privati”.
Consistendo in una dichiarazione unilaterale recettizia che non integra una fonte autonoma di obbligazione, avendo piuttosto effetto confermativo di un preesistente rapporto fondamentale, la ricognizione di debito non può poi supplire alla mancata documentazione della pattuizione, soggetta alla forma scritta ad substantiam, da cui tragga origine il detto rapporto.
Infatti, “Il piano di rientro concordato tra la banca ed il cliente, avente natura meramente ricognitiva del debito, non preclude la contestazione della nullità delle clausole negoziali preesistenti e non esonera pertanto la banca, attrice in giudizio per il pagamento del saldo, dal documentare le condizioni convenute nel contratto di conto corrente, che è soggetto alla forma scritta ad substantiam a norma dell’art. 117 TUB” (Corte di Cassazione ordinanza n. 2855/22).
Conclusioni
Quand’anche il cliente abbia sottoscritto un piano di rientro che contenga il riconoscimento del debito derivante dal saldo di c/c può ricevere tutela invocando l’invalidità del documento in quanto basato su un contratto nullo (o parzialmente nullo).
In tal modo, si può ottenere il ricalcolo ex lege del saldo di c/c nonostante la documentazione sottoscritta incautamente.
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